giovedì 29 maggio 2014

[Trail] - Cornizzolo Winter Trail

Il godimento nel correre in salita (ed in discesa) è giunto piuttosto presto. All' inizio di Agosto 2013, dopo soli 3 mesi e mezzo di attività, mi era già chiarissimo che la salita era il tipo di corsa che mi regalava le senzazioni migliori. Correre in salita ha una serie impareggiabile di vantaggi... si può produrre uno sforzo anaerobico senza per forza correre ad una velocità supersonica, arrivati in cima si può solitamente godere di un panorama inimmaginabile ai runner del fondo valle e, non ultimo, finita la salita ci sarà per forza una bella discesa su cui divertirsi un po'.

La piena consapevolezza di cosa volesse dire correre in salita è giunta qualche mese dopo. Precisamente a Dicembre, successivamente alla mia prima gara agonistica, la bellissima Valtellina Wine Trail di cui vi racconterò in un altro post. Senza addentrarmi troppo nei dettagli, quella gara trail corsa per il 95% su sterrati e mulattiere, mi ha aperto un mondo... ho sempre amato camminare per i boschi... e che c'è di meglio se non correre nei boschi?

Detto fatto a partire da Dicembre ho sfruttato tutti i sabato mattina per correre trail, esplorando quanto più possibile i tantissimi sentieri che corrono sulle  montagne che circondano casa mia. Con questa nuova rubrica vi racconterò i percorsi migliori, solitamente corsi in compagnia dei runners Enrico Bongiolatti e Francesco Bonomo; persone perfette per condividere questo tipo di sforzi!

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Cornizzolo Winter Trail 

Distanza: 23.5Km
Dislivello: 1266+
Durata: 4:05:45
Altitudine: 364slm --> 1231slm
Runners: Matteo Badessi (Il Falco delle Orobie) - Enrico Bongiolatti
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L'idea balenava nelle nostre teste già da qualche tempo, tanto più che ancora non ero stato a trovare l'amico Bongio ad Asso, sede della sua nuova abitazione. Si sa però, che organizzare una intera giornata di attività facendo collimare le rispettive esigenze lavorative non è affare semplice. Così iniziamo ad organizzarci a metà gennaio e riusciamo a fissare la data X per il 28 febbraio.

Salgo da Sesto San Giovanni verso Asso la sera prima e sono già parecchio esaltato. Finalmente darò un volto ai luoghi in cui abitualmente corre (ed abita) Enrico. La scelta del percorso e del giro da fare l'indomani è prerogativa del Bongio ma, da quel che ho capito, le possibilità sono due; o si esplora la zona nord-ovest di Asso (monte Palanzone) o la zona sud-est (monte Cornizzolo), con una leggera preferenza per il Cornizzolo visto che, essendo un poco più basso, non dovremmo rischiare di trovar neve.

La serata è molto piacevole, facciamo un bel giro in auto per esplorare la zona e confermiamo che l'indomani si andrà sul Cornizzolo che affronteremo dal lato del Segrino, seguendo quello che, a detta di molti, è il versante più difficile per arrivare alla croce posta in cima al monte.

Alle 10:15 del mattino, dopo un'abbondante colazione, siamo finalmente pronti per partire. Il tempo è buono, coperto (come da previsioni) ma senza precipitazioni. La temperatura è ottimale, intorno agli 8°. I primi 5Km di attività (in assoluto i più noiosi) ci occorrono per spostarci da Asso ad Eupilio. L'unico fatto "degno di nota" in questo primo tratto, è il  mezzo giro del Lago Segrino affrontato poco prima di iniziare la salita. Il Segrino è il posto dove Bongio va ad allenarsi la maggior parte delle volte, in questo senso ci tenevo a capire come fosse realmente questo piccolo ed allungato bacino.

Al Km 5,5, nell'appendice sud del lago in corrispondenza col piccolo centro abitato di Eupilio, inizia la salita. E che salita! Il primo km e mezzo si corre in paese, prima su asfalto con buone pendenze poi su un bellissimo sentiero di ciotoli. In un baleno ci portiamo da quota 380slm a 600slm e già possiamo godere di un panorama invidiabile  sulle 5 perle e su tutto il triangolo lariano.

I successivi 2Km che ci portano a quota 900slm, li corriamo su un bel sentiero in un bosco pieno di primule. Le pendenze sono buone (sempre sopra al 12%) il terreno è fantastico. Un sottobosco appena umido su cui si riesce a correre divertendosi e senza contraccolpi articolari.

Da questo punto cambia tutto. Tipo di sentiero, tipo di terreno, pendenze... è già il 4° cambio radicale in soli 9km di attività... e qui capisco che, anche se non ci si spinge troppo in alto per palesi limiti orografici, la zona del triangolo lariano merita di essere corsa per la gran varietà di situazioni in cui ci si può trovare. Dopo aver guadato un piccolo torrente la strada spiana ed il bosco cede il passo ai pascoli. I successivi due km saranno un lungo piano in quota caratterizzzato da un continuo alternarsi di sentiero monotrack su pascolo e sentiero monotrack in bosco. Due km in cui mi sono davvero divertito, godendo di un panorama che diventava sempre più ampio con l'aumentare del dislivello.

Nel frattempo, man mano che ci avviciniamo a quota 1000slm, le nuvole, che da Asso sembravano veramente lontane, sono ormai non più di 50m sopra le nostre teste. La natura si dirada piuttosto rapidamente e ci prepariamo ad affrontare un drittone su prato ad una pendenza fantastica, ben oltre il 15% di una rampa di garage. Vedere quella gobba verde alla fine del lungo piano appena descritto, è stato piuttosto emozionante. E' una di quelle salite che viste da sotto ti sembrano inaffrontabili e riviste da sopra ti danno un senso di vertigine misto ad orgoglio per essere riuscito ad arrivare fin lì. A metà del salitone, prima a timide ed isolate macchie bianche poi con una copertura sempre più fitta, fa la sua comparsa la neve.

Non so quanto la foto riesca ad evocare la pendenza. So che in questo momento stiamo scavalcando il guard rail (con questo pratone abbiamo tagliato 4km di strada asfaltata) che ci riporta sulla strada che da Canzo arriva fino al rifugio Cornizzolo. So anche che dopo quasi 12km di attività sono abbastanza stanco ma per lo più soddisfatto da quanto si è fatto fino ad ora.

Tutto il kilometro successivo seguiamo la strada per il rifugio Cornizzolo. Siamo di poco oltre i 1000m, nevischia e la natura in torno a me è sempre più rada. La cosa mi sorprende... alla fine le prealpi non sono le Alpi... per trovare da noi una natura così diradata di deve necessariamente salire sopra i 2000, qui il paesaggio è già lunare oltre i 1100slm. Svagandomi con questi pensieri arriviamo al rifugio CAI del Cornizzolo, 177m più in basso rispetto alla cima del monte. Siamo immersi in una nuvola ed il sentiero che porta alla croce è completamente innevato. Bene, penso subito, sarà fantastico salire in cresta con queste condizioni. Purtroppo non avevo fatto il conto con le scarpe. Per una ragione pratica son partito con le mie fedelissime Salomon XR Shift ai piedi. Scarpe stabili e confortevoli perfette sia per gli allenamenti sestesi sull'asfalto che per trail su sentieri misti meglio se asciutti. Assolutamente non adatte alla corsa su neve, men che meno in discesa. Ed infatti, man mano che saliamo tra la neve, mi maledico pensando alla successiva discesa per non aver portato con me le ottime XA Ultra2. Poco male... ormai stiamo salendo in cresta, manca poco alla croce e son stra felice.... alla discesa penseremo dopo.


Dal rifugio alla croce e ritorno è esattamente un kilometro. I primi 300m di ritorno, quelli in cresta su neve in discesa, sono i più spaventosi che abbia mai corso per il momento. Dalla cima la visuale è praticamente zero. guardando verso il basso, da entrambi i versanti, non si va oltre 3 metri. Quella è la distanza che separa la neve dalla nebbia. La sensazione è disturbante. Mi sento oggettivamente disorientato ed affronto la discesa col piglio di un vecchio senza bastone. Le scarpe non mi danno sicurezza e mi sembra di correre sulle uova. Bongio, che indossa le La Sportiva (tanto pessime su asfalto quanto ottime in queste condizioni), mi precede e mi attende pazientemente. Le mie difficoltà sono evidenti anche da questo particolare... in 1 anno di attività in compagnia di Bongio, quei 300 metri rimangono attualmente l'unico tratto di discesa in cui lui è stato davanti a me. Il Falco delle Orobie ha le ali decisamente tarpate.

Scesi dalla cresta e tornati sul pratone innevato, torno finalmente a divertirmi. Per un paio di kilometri il sentiero è pianeggiante e corre ad una quota di poco sopra i 1000m. Fino ad Alpe Alto corriamo su fondo innevato poi iniziamo la discesa che ci porterà di nuovo verso Asso. Il Km 16 è memorabile. La neve è ormai alle spalle e stiamo percorrendo il tratto che ci porterà verso Terz'Alpe. In 1000 metri perdiamo 221m di quota, tutti sviluppati nei primi 500m di sentiero nel bosco. Belli, bellissimi, ma da affrontare con una certa prudenza. E' l'ultimo pezzo veramente tecnico del percorso. Alla fine del bosco ci troviamo in corrispondenza con la fine della piccola vallata in cui ci siamo insinuati, con una curva ad U superiamo un torrente e da lì, lo stesso sentiero diventa una mulattiera molto ampia ed agevole che ci porterà in 4Km nuovamente a Canzo passando da Terz'Alpe, Second'Alpe, Prim'Alpe per concludere alle fonti Gajum.

Siamo al Km 20 di attività, siamo tornati alla civiltà. Gli ultimi 3,5Km sono per la gloria personale; la gloria di battere il proprio personal best come distanza percorsa in una singola attività. Un ultimo sguardo verso la cima che ci ha accolti con neve e nebbia e poi a casa, a scaricare endorfine e, finalmente, a riposare un po'!

Ma il pensiero corre subito avanti... il Cornizzolo lo DEVO rifare... con le scarpe giuste e senza neve.









giovedì 22 maggio 2014

[FootJob] - E' tutta una questione di piedi

Innauguro una nuova rubrica fissa de Il Falco delle Orobie e lo faccio in grande stile... Foot Job, per i non anglofoni, significa Lavoro di Piedi. I più smaliziati lettori potranno strizzare l'occhio a questo titolo; i più curiosi potranno andare a cercare su Wikipedia cosa è esattamente un FootJob; i più pudici... probabilmente da oggi saranno ex lettori. Ma non importa... quello che conta davvero è che i piedi (propaggine ultima delle gambe) sono il sensibilissimo motore che spinge il nostro essere runner, alimentato "a testa" perchè, sacrosanta verità,

"E' la testa che muove le gambe"

Dopo queste doverose premesse non posso esimermi dal dedicare a loro, grandi protagonisti delle nostre corse, questa rubrica fissa. Dalla scelta delle scarpe alle varie disavventure subìte, concederemo ai piedi l'ampio spazio che meritano.

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C'è poco da dire... all'inizio è solo una questione di fortuna. La gente inizia a correre per i più svariati motivi; che sia per dimagrire (ahi ahi ahi ahi!!!), che sia perchè è uno sport molto economico, che sia per conoscere nuove persone o per qualsiasi altro motivo, difficilmente uno si prenderà la briga di fare una visita dal podologo per capire quali sono le scarpe più adatte a lui. Il ragionamento (errato) è: "Ho appena iniziato a correre quindi qualsiasi scarpa da corsa va bene" Si... meglio un paio di scarpe da corsa qualsiasi che un mocassino o una scarpa da basket... però non tutte sono uguali e, soprattutto, tutti i piedi sono diversi.

Il primo paio di scarpe è un po' così... a molti va bene ad altri meno bene... però, visto che le prime settimane in cui uno corre si portano appresso dolori sostanzialmente ovunque, nessuno ha la tendenza ad imputare il dolore ad una scarpa scelta in modo errato. Col passare del tempo e provando scarpe diverse, si prende pian piano consapevolezza del proprio stile di corsa e di cosa i propri piedi necessitano per stare a proprio agio.

Prima però di arrivare alla piena consapevolezza il rischio di farsi male è alto e, come dicevo prima, entra in gioco la fortuna. Io son stato parecchio fortunato... le prime scarpe acquistate (Nike Air Pegasus +29) in super offerta da Decathlon, erano praticamente perfette per i miei piedi e per il mio peso (103Kg). Erano scarpe molto comode, leggere, ammortizzate e con il supporto all'arco plantare. Dal secondo paio acquistato (Salomon XR Shift) fu amore vero. Il mio peso iniziava a calare, ero intorno agli 88Kg, e più mi alleggerivo più sentivo la necessità di avere una scarpa più stabile e meno ammortizzata. Con Salomon (Serie XR, serie XA e SpeedCross) ho trovato la perfezione. Tutto ciò in maniera decisamente casuale... quindi fortuita. Perchè se non avessi trovato le XR Shift del mio numero (49 e 1/3 !!!) ad un prezzo stracciato (pagate 30Euro quando il prezzo pieno era ai tempi 120Euro) probabilmente non mi sarebbe mai venuto in mente di provare delle Salomon.

Al mio grande amico, il runner Bongiolatti, andò decisamente peggio... Dopo qualche tempo decide di acquistare una bella scarpa da trail La Sportiva. Son davvero belle... solide, stabili, dure come il cemento (come piace a me) e con un grip invidiabile. Lui le porta e sembrano comode ma durante La vacanza trail a Malta, dopo 3 giorni di utilizzo intensivo, inizia a provare dei dolori all'altezza della tibia. Inizialmente imputati al tropo kilometraggio, dopo qualche settimana Enry quasi non riusciva più a camminare dal dolore. Visita specialistica con esito sorprendente... peristatite tibiale (infiammazione della guaina che ricopre l'osso della tibia) dovuta principalmente all'utilizzo di una scarpa errata... in pratica per i piedi del Bongio sarebbe servita una scarpa con differenziale tra tacco e punta (motion control), ammortizzate e con leggero sostegno all'arco plantare. Esattamente l'opposto delle belle La Sportiva. Per fortuna, a distanza di 1 mese dalla diagnosi, il caro Bongio sta tornando all'attività fisica...

Ma che fare quindi? Incorciare le dita e sperare che tutto vada bene? In un certo senso si... però ci sono alcuni strumenti utili a veicolare la fortuna. Uno di questi è il Wet Test.

Realizzarlo è semplicissimo. Mettete un foglio di giornale a terra, bagnatevi la pianta del piede con dell'acqua, guardate la forma della vostra orma e confrontatela con l'immagine qui sotto:

Questo schema non va preso in maniera dogmatica... però dà già una buona base per capire il tipo di scarpa da acquistare. In pratica... chi ha un arco alto tenderà a supinare, ovvero a mandare i piedi verso l'interno in fase di spinta, e per "correggere" questo tipo di movimento, è consigliabile utilizzare scarpe ammortizzate. Naturalmente solo una visita specialistica da un podologo con esami specifici potrà darvi l'esatta risposta alla domanda "Quale è la scarpa migliore per me?", però vi evitere errori di sfiga come quello del runner Bongiolatti... piede piatto, iperpronatore e compera scarpe stabili (rigide), piatte (senza differenziale tra tacco e punta) e addirittura senza supporto all'arco plantare. 
 
Questa del wet test è una scoperta decisamente nuova per quanto mi riguarda. Dopo essere tornati da Malta, un po' spaventato dall'esito della visita fatta da Bongio, ho iniziato a documentarmi sul tipo di scarpa adatta in funzione del tipo di appoggio plantare... 
 
 
Nulla da dire... son stato davvero molto fortunato. Ho un arco Normale con una leggera tendenza alla supinazione... le scarpe perfette per me sono rigide, stabili e con buon supporto all'arco plantare. Le Salomon XR Shift (tutta la serie XR) rispecchia esattamente queste caratteristiche.


lunedì 19 maggio 2014

Primo Step - Da nullità a moribondo

Scrivo questo post per dare un senso cronologico alla mia evoluzione atletica. A metà aprile 2013 inizia il mio approccio alla corsa. Durante le prime due settimane, come ho già avuto modo di raccontarvi, mi faccio forza ed esco a correre 4 o 5 volte a settimana. Corse brevissime di 2 o 3Km massimo. Quello era il mio limite a quell'epoca.

Il processo psicologico che accompagna quelle prime due settimane è fantastico ed è identico a quello che ho potuto riscontrare in ogni persona che ha iniziato a correre con me e dopo di me. In pratica ero talmente stupito dallo splendido adattarsi del mio corpo alla nuova situazione di stress che già mentalmente mi consideravo un runner. Ero veramente meravigliato. Avevo letto che i progressi erano rapidissimi nella prima fase ma non credevo potessero essere così rapidi... almeno non su di me che pesavo 103Kg e non avevo mai mosso un muscolo in vita mia. Eppure 10 giorni prima ero in affanno dopo 800m e 11 minuti di corsa ed ora riuscivo a correre 45 minuti e 6km.

In questo periodo inizio ad interrogarmi sui limiti e sulla crescita possibile ed è qui che vengo in contatto con il già citato sito del guru Roberto Albanesi. Siamo all'inizio di maggio, finalmente posso iniziare ad inquadrare la mia evoluzione atletica ed a pormi i primi importantissimi obiettivi. Innanzi tutto... non sono un runner, non sono nemmeno vicino ad essere un runner. Sono una nullità.

Il primo passo per avvicinarmi alla condizione di runner è riuscire a correre 10.000 metri. Inizialmente non conta in quanto tempo, conta svezzare la distanza. I 10.000 sono un test perfetto per chi, come me, iniziava a cullare il sogno di correre una mezza maratona.

Ma come si definisce un runner? Non è per caso, come dice un mio amico, una persona che esce a correre quasi tutti i giorni a prescindere dal meteo? No...

Delle tante definizioni che si possono trovare, quella che a mio avviso è più calzante è la seguente:

"Si definisce runner la persona che, a peso forma, abbia ottimizzato la sua prestazione sui 10.000"

Bene... ho smesso subito di pensare di essere un runner. Ero 25Kg sopra il mio peso forma (che per un runner prevede un BMI tra 20 e 22) e non solo non avevo ottimizzato il mio tempo sui 10Km (per ottimizzare veramente questa distanza ci vogliono un paio d'anni di allenamenti) ma neppure mi ero mai spinto a correre quella distanza. E fu vuoto, che volevo colmare riuscendo a definire la mia situazione dell'epoca.

Sempre nel sito di Albanesi trovo un interessante test che utilizzo da subito per definirmi. E' il "Test del moribondo". In sostanza si può affermare che:

"Chiunque non abbia gravi menomazioni fisiche è in grado di correre 10.000 in massimo 59'59""

Ottimo, penso tra me e me, il primo grande passo per avvicinarmi alla condizione di runner è passare da nullità a moribondo. Ovvero riuscire a correre quei dannati 10Km.

Il 16 maggio 2013, 1 mese esatto e 20 allenamenti dopo aver iniziato, entro in splendida compagnia dell'amico Enrico Bongiolatti, nel meraviglioso mondo dei Moribondi. Pur essendo già primavera inoltrata la serata era parecchio fredda. Già da qualche giorno io e Bongio parlavamo della mitica distanza da raggiungere ed entrambi l'avevamo sfiorata nei giorni precedenti. Quella sera avevo già deciso che sarebbe stata la sera giusta ed altrettanto scientemente avevo deciso di non dire nulla ad Enrico (la sua fragilità psichica ai tempi era ai massimi storici). Prima di partire, anzi, gli garantisco che al massimo avremmo corso 7 o 8 Km.

Di questo primo diecimila ho un sacco di ricordi positivi, su tutti la sensazione finale di aver compiuto una piccola impresa e poi tanti piccoli particolari come:

Km 1 = Bongio ha il suo classico mal di milza
Km 2 = Bongio ha il suo classico mal di fegato
Km 3 = Bade che sbaglia clamorosamente strada finendo in un parcheggio
Km 4 = Bongio che "mi supplica" di non fare più sterrato dopo 100m di sterrato
Km 5 = Io che dico a Bongio "Vai enry che abbiam già corso 3,7Km!"
Km 6 = Il mio dolore ed il respiro che si fa affannato
Km 7 = Il vialone centrale del Parco che pare non finire mai
Km 8 = Capisco che la distanza si farà, manca poco e saremo nuovamente a casa
Km 9 = Il mio appannamento e l'apparente brillantezza di Enrico
Km 10 = Bongio che mi dice "Bade io mi fermo al semaforo" io che gli rispondo "Bongio, corriamo ancora 300 metri... così facciamo i 10.000 e diventiamo moribondi!"

La serata è festa... birra, una bella mangiata e tante chiacchiere... abbiamo chiuso i primi 10.000 in 1:06:54 stabilendo così una misura attendibile. Siamo entrambi a 7 minuti dal passaggio moribondo --> runner principiante ed entrambi aggiungiamo un pelino di consapevolezza, sappiamo che la strada che ci porterà ad essere atleti è appena iniziata, che non sarà semplice ma che, continuando con impegno ed abnegazione, i miglioramenti saranno rapidi e sbalorditivi.

Quella sera stessa alziamo l'asticella. Fino a quel momento il sogno proibito era correre la Stramilano dei 50.000 (gara non competitiva di 10Km), ora che quei 10km eravamo riusciti a correrli ci diciamo:

"Abbiamo 10 mesi per provare a correre la Stramilano Agonistica da 21Km... ce la possiamo fare!"






 

lunedì 12 maggio 2014

Disguidi del runner medio "Il gelone fuori stagione"

A volte non riesco a capire quale motivazione mi spinga ad uscire di casa per allenarmi. Certo, in questa stagione è molto facile... basta vedere una bella giornata e con tutta questa luce a disposizione la voglia di correre esce spontanea. Ma d'inverno? Ok, come vi ho raccontato qui io amo il freddo, la nebbia e la solitudine. Non disdegno nemmeno correre sotto un diluvio o in una tempesta di neve, insomma non mi spaventa il clima invernale, neppure nelle sue sfaccettature più demotivanti. Eppure alcune volte, e quel giorno in particolare, non posso non chiedermi "Ma chi me l'ha fatto fare? Non potevo starmene a casa mia sul divano?" No... perchè come ho letto su una maglietta al Parco Nord:

"Perde solo chi resta seduto sul divano!"

Procediamo con ordine. A me piace informarmi. Pur consapevole che solo l'esperienza diretta porta a correggere il tiro, ed in questo senso pure gli infortuni sono un toccasana, mi piace comunque documentarmi prima. Giusto per capire quali problematiche mi potrei trovare a dover fronteggiare quando affronto qualcosa di nuovo. E così feci anche poco prima di iniziare la stagione invernale. Da vari siti, tra cui il mio personale vademecum www.albanesi.it, recupero varie informazioni sulla corsa invernale che posso essere riassunte in questo elenco:
  1. Non sovvrabbondare nei vestiti. La regola è semplice, correre è un'attività che prevede una certa libertà di movimento, infilarsi 3 pantaloni e 3 maglie termiche andrebbe ad appesantirci. Basta mai superare i 2 strati. Io ho corso con collant lunghi termici, maglietta intima termica, maglia invernale a maniche lunghe
  2. Non coprirsi la gola. Perchè correndo si suda, e la gola è un punto particolarmente soggetto a sudare. Se non la si copre al max si percepirà del freddo ma il sudore continerà ad evaporare e ricrearsi. Se la si copre si crea condensa e la condensa che si raffredda vi porterà presumibilmente ad avere mal di gola
  3. Coprirsi orecchie, fronte e mani. Perchè sono le parti del corpo più esposte ai geloni, il discorso fatto per la gola per queste parti non è valido e vanno coperte. Per i calvi andrebbe coperta tutta la testa, per gli ipertricotici va bene una fascia fronte/orecchie. Pert tutti un bel paio di guanti running termici.
  4. Non ci si ammala per il freddo. Grande alibi di tutti i finti runner... non esco a correre perchè piove e poi m'ammalo. Falso. Fino a quando corriamo sudiamo, possiamo avere freddo... questo si. Ma la temperatura del nostro corpo sarà sempre intorno ai 37°. I problemi arrivano quando ci si ferma. Non bisogna dare modo al sudore di asciugarsi addosso. La regola è semplice, bisogna essere asciutti entro 5' da quando si smette l'attività.
  5. Riscaldare i muscoli. Più fa freddo, più aumenta il rischio di infortunio muscolare. Per ridurre al minimo questo rischio, correre almeno un paio di km a ritmo blando per riscaldare i muscoli aiuta, così come aiutano pomate ed olii riscaldanti a base di olio di canfora o capsicina.
Seguendo queste 5 regole ho corso senza problemi, in qualsiasi situazione e condizione climatica per tutto l'inverno. A onor del vero questo inverno passato non è di certo stato uno dei più rigidi, però non ho mai patito nè un problema muscolare nè una mezza influenza.

A partire dalla metà di febbraio la temperatura è salita, mi trovavo a correre con 6/8° e dopo 3 o 4 km dovevo assolutamente togliermi i guanti. Le mani sudavano di brutto.  Il 26 febbraio era un giorno come tanti ne avevo visti negli ultimi 4 mesi, freddo ma non freddissimo, nuvoloso con minaccia di pioggia imminente. Decido di uscire con la fascia ma senza guanti, tanto ci son 6° e se pioverà, come pare, di certo non andrà sotto zero. L'allenamento prevedeva un fondo medio da 14Km.






Al Km 4 il cielo si spacca in due per un lampo, pochi secondi dopo il boato del tuono. Sono sinceramente affascinato. Prima di tutto non è così scontato un temporale in febbraio, poi i lampi, illuminando per qualche secondo il parco, proiettavano le ombre scheletriche degli alberi sui vialetti di cemento, rendendo tutta l'ambientazione parecchio suggestiva. Corro così per un kilometrino poi inizia a scendere qualche goccia, ma nulla di preoccupante... goccioloni estivi si, ma ancora non ero nel diluvio. Le scarpe erano ancora quasi completamente asciutte. Appena superato il Km 7 succede l'imponderabile. Da qualche centinaio di metri l'acqua si era fatta più insistente ed ero già completamente fradicio. Di colpo, letteralmente di colpo, la temperatura crolla da 6° a 2°, si leva un vento gelido e il temporale si trasforma in grandinata. Sono in cima al cavalcavia di Via XX Settembre, il punto di Parco Nord più lontano da casa mia. Decido saggiamente di accorciare il giro e di fare subito ritorno ma è tardi. Dopo 200m di grandine leggera, l'intensità aumenta a dismisura fino a trasformarsi in una grandinata. Già, proprio una bella grandinata fuori stagione.

Ho corso per 2km tempestato dal ghiaccio, completamente fradicio. Ogni passo sentivo acqua uscire dalle mie scarpe, rivoli scendermi lungo le gambe, bombardato da proiettili di ghiaccio. Prima di imboccare il cavalca via di Via Clerici riesco a trovare un momentaneo rifugio sotto un arbusto ma non posso stare troppo fermo, se no m'ammalo. Giusto il tempo di togliermi il ghiaccio dai capelli (i chicchi di grandine erano completamente legati ad essi), e darmi momentaneo ristoro a mani e naso e riparto. E' dolore fisico ad ogni pallina di ghiaccio che mi colpisce, è dolore psicologico l'essere solo a 2km da casa ma il percepire questa distanza come incolmabile. E' disagio vero sia per il freddo che per l'umidità. Il rischio caduta, visto che ormai tutto il terreno è coperto da una coltre di sfere di ghiaccio, è altissimo.

Quando sono a poco più di 1km da casa, di colpo, cessa la grandine. Non credo di essere in grado di descrivere il sollievo che ho provato quando il ghiaccio è di nuovo tornato ad essere un temporale. La sensazione di piacere nel sentirsi coccolato dall'acqua dopo essere stato massacrato dal ghiaccio. Quell'ultimo km l'ho corso come se quel temporalone fosse lo scroscio tiepido della mia doccia. Tale era la trans da relax che avrei continuato così per km. Ma ormai (e per fortuna) ero a casa. Mentre mi doccio e mi asciugo, dal TG sento:


Anche questa volta l'autostima, spinta dalle endorfine, è a mille. Sono un figo... io ero là fuori, nella tormenta, ad allenarmi come un matto! Mentre finisco di asciugarmi mi accorgo di non sentire nè le mani nè il naso. Sensazione pessima, mentre tutto il resto del corpo era tornato a temperatura ambiente loro no. Avrei potuto amputarmi una mano senza sentire dolore, il gelo era penetrato alle ossa. Eccolo il gelone che non t'aspetti... ho corso tutto l'inverno senza problemi, son bastati 20 minuti di grandine e la sensibilità delle mie mani è perduta. Resisto alla tentazione di metterle a mollo in acqua bollente, resisto alla tentazione di infilarle nel calorifero. So che l'unica cosa da fare è aver pazienza... ma quanto? Quanto servirà alle mie mani per recuperare 20 minuti di gelo? La risposta è semplice. 4 ore passate con i guanti di pile e le mani infilate sotto le acelle, con annessi dolori piuttosto acuti, formicolio e difficoltà nei movimenti. Alle 00:45 ero tornato quasi completamente a posto. Ma tutto ciò... a che pro? 


All'inizio del post vi ho scritto come evitare i geloni... ma se proprio vi capita, cosa fare e cosa non fare?


  1. MAI cercare di alzare la temperatura delle mani rapidamente. Cose come infilare le mani nei termosifoni oppure lavarle in acqua bollente, danno un immediato sollievo che altrettanto rapidamente si trasforma in dolore e disagio.
  2. Lavare le mani con acqua fredda. Sembra un paradosso ma l'acqua fredda ha una temperatura più alta della superficie delle mani, quindi aiuta ad aumentarne la temperatura in maniera graduale
  3. Coprire le mani e cercare di tenerle a 37°. Utilizzate guanti di lana o di pile ed infilate le mani in punti caldi del corpo come sotto le ascelle o tra l'inguine. E' necessario riportare la temperatura delle mani a 37° in modo graduale
  4. Abbiate pazienza. Per tornare ad avere le mani calde e la sensibilità ristabilita... ci vuole tempo... a volte molto tempo.

lunedì 5 maggio 2014

[Le gare]: "4 passi in casa nostra" SkyRace

Innauguro i post dedicati alle nostre gare con la "4 passi in casa nostra" corsa ieri. Solitamente non amo scrivere a caldo, preferisco lasciar "fermentare" i ricordi per avere un'impressione più chiara e distaccata dell'evento, in questo caso no. Gara troppo bella, difficile ed importante per aspettare.

Mi iscrivo il 1° di Aprile, sono il primo ad iscrivermi a questa SkyRace. Guardando le classifiche degli anni passati ipotizzo che potremmo essere una 150ina di iscritti e che avrei potuto chiudere in circa in 3h/3:15 piazzandomi poco oltre la metà classifica. Nota bene... non sono una persona da classifica e non mi interessa il risultato in questo senso... però son pensieri che si fanno, anche solo per provare a parametrizzarsi con altri runners.

Dal sito dell'Atletica Alta Valtellina, che organizza l'evento, mi studio il percorso e le sue varie difficoltà, cercando di mettere in piedi una strategia di gara:


Il tracciato si svilupa su 3 salite principali in cui si accumulano 1625 metri di dislivello positivo ed altre 4 o 5 salite di compendio per un totale di 23Km con 2090 metri di dislivello positivo. Una gara che già prima di partire mi sembrava tosta.

Purtroppo essendo di Sondrio ed avendo tempi sempre troppo risicati, non ho potuto provare il tracciato prima della gara, mi sarei subito accorto che la gara era ben più che tosta...

La mattina della gara salgo verso Sondalo col compare Bongiolatti, anche lui iscritto ma non partecipante causa infortunio. Sono teso al punto giusto ma positivo, so che una gara di questo tipo è nelle mie corde. Ovvero non lo so... lo immagino. Per ingannare l'attesa espongo la mia strategia: non dissipare sulla prima salita, fare il trattore a passo costante sulla seconda, attaccare sulla terza. 

Alla partenza della gara alcune sorprese... innanzi tutto i partecipanti a questa edizione sono pochini, solo 87. Poi, guardandomi in torno, capisco da subito di essere decisamente uno dei meno strutturati e (forse) il più novellino. Mentre mi riscaldo vedo fisici davvero perfetti, non soltanto in peso forma come sono pure io, fisici strutturati e muscoli allenati anni per quelle attività. Sento un gruppetto parlare della gara come di una preparazione per il Dolomiti SkyRace, ci sono ultratrailer tra noi. Gente tosta, che corre e pare non sentire la fatica. Devo trovare qualcuno che sia sui miei livelli, qualcuno da battere. Ne individuo due. "Mr Gozzo", un marcantonio da 120kg per 185cm completino super tecnico ed unico partecipante dotato di racchette. "Er Pirata", un signore con i capelli lunghi il pizzetto ed i corsari. Ma questi sono i soliti giochetti da runner per distrarsi ed avere l'illusione di provare meno fatica.

Si parte ed i miei sospetti si rivelano fondati... tutti scattano ad una velocita pazzesca, come se dovessero farsi i 10.000 al Parco Nord, io mi trovo subito in fondo al gruppo in compagnia di qualche signora, dei due personaggi e di pochi altri corridori.


Dopo il primo kilometro corso in piano affronto la prima salita, che ci porta da 860slm a 1100slm, sto abbastanza bene ed infatti supero 3 persone. Saranno le uniche persone superate. La salita è piuttosto corribile e si sviluppa su un bel sentiero largo per finire in un bosco, sviluppa delle buone pendenze soprattutto al Km 3, con il 14,1% di media. La scollinata corrisponde con il guado di un torrente, la successiva discesa è veramente bella, ampia su un terreno misto con tratti di sottobosco e tratti di ghiaia.

Senza soluzione di continuità inizia la seconda salita. Si parte da 940slm e si arriva a 1468slm, il tutto in soli 2,1Km per una pendenza media complessiva del 25,1%. Il primo kilometro è a dir poco spettacolare, ci si inerpica su un lato della montagna con un mix di sentiero monotrack e via ferrata tra le rocce totalizzando un dislivello di 331m (oltre il 33% di pendenza, più del doppio della rampa di un garage) il panorama è mozzafiato. Superata la parte di via ferrata trovo il classico vecchietto appostato che, per incitarti, ti dice "Vai tranquillo... ormai sei su!" quando in realtà era giusto dire "Vai tranquillo... ormai sei a metà!". Al ristoro del monte Scala arrivo provato dalla fatica ma con ancora parecchie energie psicofisiche.

Inizia la seconda discesa. Dopo una prima parte molto dolce e bella tra le baite il sentiero piega a sinistra e diventa un drittone spaventoso nel bosco. Scendo i primi 50m tentennando poi mi fermo a far pipì su un albero. A quel punto succedono due cose... uno dei 3 che avevo superato sulla prima salita mi risupera (non lo rivedrò mai più), mi ricordo di essere Il Falco delle Orobie e inizio a correre senza freni in discesa. Nel primo km si perdono ben 311m di dislivello ma mi diverto, corro più che posso evitando di prendermi troppi rischi. Nel frattempo mi accorgo di essere, ormai da un po', completamente solo... "Er pirata" è dietro di qualche centinaio di metri, di "Mr Gozzo" si son perse le tracce da innumerevoli km, e davanti non vedo nessuno. Siamo a Le Prese, c'è un bel km di pianura con tratti su asfalto, ideale per ricaricarsi prima di affrontare l'ultima salitona. la più lunga ed impegnativa della giornata.

Da Le Prese (950slm) alla cima Coppi, sopra il Mottino a (1687slm) sono 6km in cui i primi sono a dir poco massacranti, nei primi 3km di ascesa si sviluppano 650m di dislivello sui 737 totali. Anche qui non mancano lunghi pezzi di via ferrata e drittoni pazzeschi tra i boschi. A quota 1550 ho approfittato del ristoro per bere un po' di sali, mangiare dell'uvetta e recuperare in parte le forze. Scollino la Cima Coppi di questa gara stanco ma con ancora energie da profondere. Sapevo che il più, a livello fisico, era fatto. Gli ultimi 9Km erano un lungo piano in quota di 6km, in cui spiccavano 3 strappi piuttosto ripidi di poche centinai di metri ma che piazzati dopo 17km di corsa hanno un poderoso effetto morte psichica, che ho corso bene e divertendomi. Panorami fantastici, sentieri stupendi, molti escursionisti ad incitarci.


In quei 6km, compresi i 3 strappi spaccagambe, ho davvero potuto godere di quel che stavo facendo. Correre oltre i 1600slm tra baite e boschi, in una gara di difficoltà elevatissima nel mio contesto preferito. Le Alpi Retiche. Salutavo tutti... escursionisti che si spostavano per farmi largo, signore che prendevano il sole, perfino i cani degli escursionisti. Ero molto stanco, ma davvero raggiante.

Gli ultimi 3km di gara corrispondevano un l'ultima discesa importante. E quella discesa è l'unica nota dolente dell'intero percorso. Il sentiero era bellissimo, pulito, curato e ben segnalato come del resto tutto il percorso. Peccato che tutto il primo km e mezzo era su sassi di forma irregolare di medie dimensioni. Decisamente il terreno che i miei piedi soffrono di più. Ogni 3 passi mediamente il piede finiva su un sasso accuminato il giusto per schiacciare i miei calli e farmi provare dolore. Son sceso cercando di allungare la falcata per fare meno passi possibili... son sceso pure bene... ma è stato doloroso e, sinceramente, non vedevo l'ora finisse. All'arrivo trovo il conforto del Runner Bongiolatti e dei vestiti asciutti. Sono felice...


Nel post gara, mentre pranziamo con gli altri atleti, mi rendo pienamente conto di quello che ho appena fatto. Ho chiuso (76esimo su 87, penultimo dei finisher) la mia prima SkyRace. L'ho fatto soffrendo, ma senza mai andare in affanno. Sono entrato, in soli 5 mesi di corsa in montagna, in quella piccola elite di persone che possono permettersi gare e sforzi di questa difficoltà. Sono tra gli ultimi, ma sono felice ed onorato di far parte di questa elite. Perchè se la passione continua... il miglioramento sarà direttamente proporzionale!

Grazie ragazzi dell'Atletica Alta Valtellina, avete organizzato una gara stupenda. Tutto è andato alla perfezione, dalla difficoltà tecnica del tracciato ai ristori ai volontari. Per me rimarrà una gara speciale, la gara che mi ha regalato enormi soddifazioni e grandi certezze sul mio approccio alla corsa in montagna. Ci vediamo il prossimo anno...



venerdì 2 maggio 2014

Disguidi del runner medio: "La scapezzolata"

L'altro giorno è giunta la brutta notizia che pareva nell'aria da un po'... il compare di sempre, il Runner Enrico Bongiolatti, è tornato da Malta infortunato e, per questo, salterà alcune gare. L'infortunio è abbastanza tosto... si parla di almeno 1 mese di stop dalla corsa:


Sono certo che saprà riprendersi e tornare più forte e consapevole di prima, e per augurargli una rapdia riabilitazione gli dedico questo post sui disguidi del runner medio (anche detti "Gli infortuni che non ti saresti mai aspettato"). Fatti due risate Enry... e torna presto!

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Come avete potuto leggere, tutto ebbe inizio nella tarda primavera del 2013. Aprile i primi goffi approcci... maggio l'inizio dell'attività... giugno i primi allenamenti organizzati. All'inizio non mi ero troppo dannato per l'abbigliamento, maglietta e pantaloncini di qualsiasi tipo e materiale e scarpe da ginnastica era tutto quello che mi sembrava servisse per correre. Mi sbagliavo. E non di poco. 
Il primo acquisto "pro running" furono le scarpe... ma di questo argomento parlerò in un altro post. Con l'avvicinarsi dell'estate mi son trovato, praticamente dall'oggi al domani viste le bizzarrie climatiche della primavera 2013, a dovermi comperare un guardaroba. Per non esagerare, qualche maglietta running, 2 paia di pantaloncini, qualche paio di calze running. Siamo alla fine di giugno, corro solo da 2 mesi scarsi, non so ancora quanto e se questa passione attecchirà. Opto per spendere il meno possibile e mi reco da Decathlon per fare acquisti. Spendo poco, 6 euro a maglietta e, rispetto a quelle in cotone che avevo usato fino ad allora, mi sembravano fantastiche. 

Arrivano i primi caldi e la scarsa qualità delle magliette inizia a mostrarsi. Inizialmente come un fastidio leggero, quasi un'ipersensibilizzazione dell'area, nella zona dei capezzoli. Non mi preoccupo, penso che una volta lavato e asciugato nel giro di qualche ora sarà tutto a posto. Nei giorni successivi il fastidio si fa più accentuato e si formano due piccoli taglietti che, coi capezzoli inturgiditi dalla corsa, il sudore e lo sfregamento, risultavano piuttosto dolorosi. Decido di porre rimedio... ma lo faccio a modo mio...

In questa foto di repertorio, il primo grande passo verso la guarigione. Trattasi di 2 pezzi di carta igenica scotchati con nastro adesivo trasparente ai miei (voluminosi) seni. Le due "X" dipinte a mano con pennarello erano per dare un tocco Sado all'evento.

Per un paio di allenamenti corro così ed i capezzoli si sistemano. Per altro il nastro adesivo impediva alla pelle di traspirare, si attaccava ai peli... insomma non sentivo dolore ma era comunque una situazione fastidiosa da cui volevo uscire...

Un paio di settimane più tardi sono punto e a capo. Questa volta mi tocca trovare una soluzione definitiva ed adeguata... non si può andare avani così. Siamo a fine luglio, faccio un ottimo allenamento al parco di una decina di km. Indosso una maglietta in tessuto tecnico bianca, purtroppo non da running ma da calcio quindi con con cuciture stemmi e intarsi che rendono altissimo l'attrito in fase di sfregamento. Nel correre avverto il classico fastidio ai capezzoli, quel dolorino pungente che ti attanaglia per qualche secondo quando una goccia di sudore si deposita proprio dove si è formato il taglietto. Nulla di peggio di quanto non abbia già provato un mese fa, penso. Corro per un'oretta in quello stato ma senza preoccuparmi. L'allenamento era studiato per finire davanti al supermercato in modo da riuscire a fare un pochino di spesa prima di rincasare. E così fu... appena entrato, con l'aria condizionata che tirava a manetta, avverto subito l'acuirsi del dolore causa ulteriore inturgidimento dei capezzoli. Stringo i denti, mi chino per prendere della frutta e noto con orrore due macchie color sangue sbiadito colare appena al di sotto dei capezzoli. Due lacrime rosse di 10cm sulla maglietta bianca. Ero ormai alla cassa e non oso immaginare cosa abbia pensato la commessa... quello che ha visto è ben rappresentato da questa foto, scattata appena rientrato:





Decisamente terribile, sicuramente doloroso, probabilmente imbarazzante. Ma dell'imbarazzo non ho memoria, del dolore si. Farsi la doccia quel giorno fu un'esperienza. Bastava bagnare con acqua la zona sanguinante per provare delle fitte dolorose mai provate prima, vi lascio immaginare il risciacquo del sapone. Da quel giorno non ho più trascurato i miei capezzoli!

Rimedi per quell'episodio:

  1. Crema  cicatrizzante e protettiva acquistata in farmacia
  2. Cerotti resistenti all'acqua
Rimedi sempre validi per prevenire i tagli ai capezzoli:
  1. Prima di gare o di allenamenti lunghi proteggersi con dei cerotti resistenti all'acqua 
  2. Usare la vasellina per ridurre al minimo l'attrito
  3. Usare magliette e canotte tecniche di buona qualità. Marchi come Nike, Asics, Adidas... producono indumenti con materiali traspiranti, leggeri e ad attrito minimo. Stando attenti alle offerte e agli store online si possono acquistare capi di ottimo valore ad un prezzo stracciato.